Un summit clandestino e riparte la la triangolazione Italia-Malta-Libia

Una “strategia per il Mediterraneo”, questo il tema di un summit a Roma che nei primi giorni di luglio, dopo la visita di Napolitano a Malta, aveva visto la partecipazione dei ministri Frattini, Maroni, La Russa e dei loro omologhi, ministri maltesi. Il summit aveva approfondito le possibilità di una collaborazione dei due paesi nel nuovo contesto della cd. Unione per il Mediterraneo, ennesima invenzione dei politici della Fortezza Europa per coprire le pratiche di polizia più ignobili in materia di immigrazione ed asilo.

Nel corso degli incontri i rappresentanti dei due paesi, che negli ultimi tempi hanno stretto accordi bilaterali assai efficaci con la Libia, in cambio di un più favorevole accesso alle risorse di quel paese, gas e petrolio soprattutto, e anche piattaforme petrolifere e trivellazioni nel Canale di Sicilia, definivano come “esemplare” la collaborazione tra Italia e Libia, dopo il Trattato di amicizia del 2008, e le intese di “cooperazione pratica” (operational cooperation in the fight against criminal organizations controlling trafficking in migrants) tra le forze di polizia dei due paesi, concordate da Maroni a Tripoli nel febbraio del 2009, dopo che il Parlamento italiano aveva ratificato gli accordi bilaterali tra i due paesi.

Alla fine del summit di Roma i rappresentanti dei due paesi convenivano sull’ulteriore rafforzamento dei dispositivi, non solo di controllo e d’identificazione, ma anche di rimpatrio, gestiti, e finanziati dall’Agenzia europea FRONTEX, dopo vari incidenti di percorso, come il rallentamento dei finanziamenti e le dichiarazioni del governo maltese della “inutilità” delle missioni di FRONTEX, visto il “successo” degli accordi tra Italia e Libia. Una posizione, quella maltese, presto rientrata dopo le pressioni italiane, preoccupate di restare senza copertura nelle politiche di respingimento collettivo in acque internazionali praticate a partire dallo scorso anno, d’intesa con Gheddafi e le sue forze di polizia.

I fatti più recenti evidenziano gli effetti dei nuovi rapporti bilaterali tra Italia, Malta e la Libia, in una sorta di “triangolazione” all’insegna della negazione del diritto di asilo e dei più elementari diritti della persona. Sono ripresi gli sbarchi sulle coste siciliane, ma le rotte evitano generalmente sia Malta che Lampedusa. E quando i migranti arrivano a Lampedusa vengono quasi nascosti e trasferiti d’urgenza a Porto Empedocle per non macchiare l’immagine dei “successi storici”annunciati da Maroni.

Quanto avvenuto nei giorni scorsi con il respingimento verso la Libia di una parte dei migranti che erano stati salvati in acque internazionali di competenza SAR ( Ricerca e soccorso) maltese, conferma inoltre le nuove regole di ingaggio dei mezzi militari italiani, maltesi e libici che controllano il Canale di Sicilia, con un significativo arretramento delle unità italiane e delle stesse unità maltesi che permettono ormai alle sei motovedette, donate dall’Italia a Gheddafi, di andarsi a riprendere i migranti anche a poche miglia da Malta o da Lampedusa. Un risultato sicuramente rassicurante per quella parte della popolazione di queste isole che non nasconde la sua indole xenofoba o apertamente razzista, ma invece allarmante per tutte le persone civili che ancora tengono in conto il rispetto dei diritti umani e della dignità della persona.
Le deportazioni forzate sembrano sempre più legate all’arbitrio ed alla “cattiveria” promessa dal ministro Maroni ed adesso ampiamente diffusa tra le forze di polizia italiane, maltesi e libiche impegnate nel Canale di Sicilia. Una “cattiveria” che si rivolge esclusivamente verso richiedenti asilo, naufraghi, donne, minori. Una cattiveria che si estende con la copertura degli abusi commessi dai libici ai danni dei migranti, quasi sotto gli occhi dei nostri “agenti di collegamento”.

Si è arrivati al punto di dividere una coppia di coniugi rispedendo in mano ai libici una giovane donna in stato di gravidanza separata a forza dal marito, e si sta tentando di camuffare come ritorno volontario quello che si chiama soltanto “deportazioni”. In alto mare non è credibile che persone che avrebbero titolo a chiedere asilo in Europa non ne facciano richiesta e accettino di essere ricondotte in Libia, dove sono note le violenze e gli abusi che saranno condannati a subire a tempo indeterminato. E per tutte le donne ogni respingimento in Libia può significare violenza sessuale e prostituzione forzata.

Tutto questo si sa da tempo, è comprovato da inchieste delle più importanti agenzie umanitarie ( da Amnesty ad Human Rights Watch), ma i nostri ministri lo ignorano e spiace rilevare lo ignorano anche quei rappresentanti dell’opposizione(?) che appena pochi giorni fa hanno votato il provvedimento sulle missioni militari italiane all’estero, con quella norma che prevede due milioni di euro per le missioni della Guardia di finanza in Libia, ufficialmente allo scopo di garantire la manutenzione delle motovedette, in realtà sembrerebbe anche con compiti operativi, se saranno confermate quelle testimonianze di migranti intercettati in alto mare da mezzi battenti bandiera libica, ma a bordo dei quali sembra che si parlasse anche italiano.

Per fortuna l’Unione Europea, dopo la denuncia del Parlamento Europeo del 17 giugno scorso sulla violazione dei diritti umani in Libia, ha rallentato le trattative per la stipula di un accordo quadro con la Libia. E L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite ricorda ancora una volta come non vadano effettuati respingimenti verso paesi come la Libia che non garantiscono il diritto d’asilo ed i diritti fondamentali della persona umana.

Ma tutto questo lascia indifferente il governo italiano che sembra continuare a ritenere che in Libia non esistano richiedenti asilo, e che si rifiuta ancora oggi di praticare quelle operazioni di resettlement ( reinsediamento) di richiedenti asilo dalla Libia in Italia che negli scorsi anni erano state possibili, seppure per un numero assai esiguo di persone, e che oggi sembrano improvvisamente diventate impossibili, forse perché potrebbero essere considerate come una smentita delle tante menzogne che si raccontano sul fatto che in Libia o nelle acque internazionali nessun migrante voglia chiedere asilo. Gli sbarchi comunque stanno riprendendo perché altri despoti ambiscono ad incassare le stesse prebende di Gheddafi, ed utilizzano lo stesso linguaggio, come il ricatto sulla pelle dei migranti e i sequestri in acque internazionali dei pescherecci di Mazara del Vallo. La disinformazione di stato protegge la tranquillità della popolazione italiana, ma gli sbarchi, seppure occultati, come le violenze all’interno dei centri di detenzione, sono sempre più evidenti e presto potrebbero verificarsi fatti tanto eclatanti da smentire una per una le asserzioni rassicuranti ed i proclama del “ministro della paura” di turno.

Fulvio Vassallo Paleologo
Università di Palermo