Posizionamento della rete

Per la chiusura dei campi per stranieri e per la libertà di circolazione

Per la chiusura dei campi per stranieri, in Europa e altrove

2010

Negli Stati membri dell’Unione Europea e nei paesi che si trovano ai suoi confini (Libia, Marocco, Turchia, Ucraina) e anche oltre (Mauritania, Libano), i luoghi di detenzione per gli stranieri, il cui numero è cresciuto costantemente a partire dalla fine del ventesimo secolo, occultano degli obiettivi che sono contrari agli impegni internazionali ai quali alcuni di questi stessi Stati hanno aderito (Convenzione delle Nazioni Unite relativa allo status dei rifugiati, Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, ecc.). A Cipro, in Grecia, in Italia e a Malta, degli stranieri sono automaticamente messi in detenzione senza badare a quale sia la loro situazione umanitaria e/o giuridica, inclusi coloro che sono salvati o intercettati nel mare dopo dei lunghi peripli.

A prescindere da come siano chiamati, [1]. i campi per gli stranieri sono diventati uno strumento privilegiato per la gestione delle popolazioni migranti. Delle persone sono rinchiuse senza condanna nè giudizio, in condizioni di tipo carcerario, che talvolta si spingono fino al loro confino all’interno delle celle, solo per non avere rispettato le regole sull’attraversamento delle frontiere e sul soggiorno, anche se queste stesse regole possono violare il diritto internazionale, per esempio nel campo della protezione che è dovuta ai rifugiati. In alcuni luoghi, i maltrattamenti e le violenze fisiche e psicologiche rappresentano la normalità. I frequenti incidenti (rivolte, scioperi della fame, incendi provocati), talvolta drammatici (suicidi, morti), sottolineano quanto il sistema di detenzione sia inadatto per le popolazioni alle quali è destinato.

La proliferazione dei campi è accompagnata dall’aumento nelle durate della detenzione, [2] che spesso vanno ben oltre i tempi necessari per effettuare le espulsioni. In realtà, dietro agli obiettivi che sono dichiarati ufficialmente (la razionalizzazione della gestione delle migrazioni), l’istituzionalizzazione della detenzione dei migranti sostiene una politica dissuasiva e criminalizza coloro che sono designati come indesiderabili. Questa politica contraria ai principi democratici ha dei costi esorbitanti: non solo a livello umano, ma anche perché i mezzi amministrativi e di polizia che sono mobilizzati in questo senso sono senz’altro superiori a molti miliardi di euro, solamente per i paesi dell’Unione Europea. [3]

Dal 2002, la rete Migreurop si occupa di documentare e denunciare gli effetti delle politiche migratorie dell’Unione Europea, in cima alle quali si trova la detenzione dei migranti. [4] Nel 2004, i suo membri lanciarono un appello Contro la creazione di campi alle frontiere dell’Europa. [5] Nel frattempo, si sono accumulati i rapporti provenienti dalle istituzioni dell’ONU, dal CPT (Comitato europeo per la prevenzione della tortura), dal Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, dalle missioni parlamentari, dalle organizzazioni internazionali e dalle ONG. Tutte le inchieste e le osservazioni sul terreno portano a constatare che il trattenimento amministrativo degli stranieri conduce alla violazione dei diritti fondamentali dovuto alla sua stessa natura: in primo luogo, la libertà di andare e venire, ma anche il diritto di asilo, il diritto al rispetto per la vita privata e della famiglia, il diritto a non subire trattamenti inumani o degradanti, o anche i diritti specifici che sono dovuti alle persone vulnerabili, in particolare i bambini. Uno studio richiesto dal Parlamento Europeo nel 2007 mostra che «il trattenimento nei centri chiusi porta a generare o ad aggravare i problemi psicologici degli stranieri detenuti, [problemi] che si possono rivelare drammatici quando si tratta di minorenni». [6]

Tra l’altro, molto spesso il trattenimento sfugge a ogni forma di controllo giurisdizionale effettivo, mentre sono in gioco le libertà individuali.

Il trattenimento dei migranti su grande scala, nel modo in cui viene sviluppato nel quadro della politica europea di asilo e immigrazione, si rivela inutile per quanto concerne gli obiettivi di «controllo dei flussi migratori» che si pretende sia il suo compito. È inadatto per contrastare un fenomeno - l’immigrazione cosiddetta «irregolare» - che è inutile affrontare da una prospettiva sicuritaria. Partecipando alla stigmatizzazione del migrante come un colpevole e incoraggiando l’idea che esercitare il suo diritto a circolare sia un delitto, è all’origine delle violazioni ricorrenti dei diritti umani e alimenta il razzismo e la xenofobia.

Migreurop chiede ai governi degli Stati membri dell’UE e dei paesi che confinano con le sue frontiere di cessare nel loro uso della detenzione per degli scopi di controllo migratorio, e reclama alle opinioni pubbliche di rifiutare ogni logica di trattenimento degli stranieri.

Appello solenne a favore della libertà di circolazione

2013

Sin dalla sua creazione, la rete Migreurop cerca di attirare l’attenzione sugli effetti nefasti della politica di gestione delle frontiere dell’Unione Europea [7] (UE). La visione securitaria delle politiche migratorie, che si traduce in un’accresciuta militarizzazione della fortezza Europa, nella moltiplicazione delle intercettazioni marittime, o ancora nella chiusura dei canali di ingresso legale (si vedano gli ostacoli alla concessione di visti) è regolarmente denunciata [8] . Migreurop mette in luce la moltiplicazione dei controlli, che fanno ricorso a metodi sofisticati e costosi, come testimoniano la costruzione di nuovi muri e la creazione ed il rafforzamento dell’agenzia Frontex – vero braccio armato dell’Unione Europea.

Migreurop denuncia ugualmente il processo di esternalizzazione del controllo migratorio che obbliga i Paesi non membri dell’UE a riammettere chiunque sia stato cacciato da Paesi europei e che sia transitato sul loro territorio e a rinforzare il controllo e la repressione per impedire la partenza ed il transito dei/delle migranti. In questo modo, si moltiplicano gli accordi di riammissione, che puntano a facilitare le espulsioni e costituiscono una delle armi per impedire la mobilità dei/delle migranti a monte delle frontiere europee [9]. L’UE non esita a strumentalizzare l’Aiuto Pubblico allo Sviluppo per fare pressione sugli Stati di transito e di origine, affinché accettino tali accordi. Attraverso questi dispositivi, l’Europa volta faccia al suo dovere di proteggere le persone che chiedono asilo ed ignora le violazioni dei diritti umani che ne conseguono.

Nel 2010 Migreurop ha preso posizione per la chiusura dei campi per stranieri/e, strumento privilegiato di gestione delle popolazioni migranti [10]. I/le migranti, detenuti/e o meno, sono considerati/e come dei/delle criminali e definiti/e illegali, per il solo motivo di non aver rispettato le regole imposte per il valico delle frontiere e il diritto di soggiorno. La trasgressione di queste regole – che sono talvolta contrarie al diritto internazionale – serve a giustificare politiche sempre più rigide di restrizione alla partenza e al ritorno, di cui ormai più nessuno può ignorare le conseguenze terribili : dal 1990, più di 20.000 persone sono morte o scomparse cercando di raggiungere l’Europa.

Attraverso le battaglie portate avanti da Migreurop, si mette in evidenza la scelleratezza delle limitazioni alla circolazione delle persone. Libertà che esiste per una parte dei/delle cittadini/e del mondo, che per la casualità del luogo di nascita, dispongono di un passaporto o ottengono senza difficoltà i visti che gli permettono di attraversare agevolmente le frontiere. Accettare che altri ne siano privati significa ratificare l’esistenza di un mondo a due velocità, carico di discriminazioni fondate su un rapporto di dominazione politico-economica dei Paesi detti industrializzati sugli altri. Significa anche ignorare l’esistenza dei diritti fondamentali, quali il diritto ad emigrare, riconosciuto dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, o il principio di non respingimento consacrato dalla Convenzione di Ginevra del 1951.

Rivendicare, nel nome del principio di uguaglianza, la libertà di andare e venire, e quella di installazione per tutti e per tutte, costituisce il corollario indispensabile della difesa dei diritti dei/delle migranti. Per questo, in continuità con le sue attività e le sue battaglie, Migreurop chiede l’applicazione effettiva della libertà di circolazione, strumento di cambiamento sociale a profitto di un modello di società più giusto e più equo.