La guerra ai migranti continua : accanimento contro le ONG nel Mediterraneo

Aggiornamento del 16 agosto 2017 – Dopo la pubblicazione di questo comunicato, la situazione si è ulteriormente aggravata :

  • La Libia ha stabilito una zona SAR che si estende fino a 100 miglia dalle sue coste, interdetta alle imbarcazioni straniere e in particolare a quelle delle ONG.
  • Di fronte alle minacce della guardia costiera libica, alcune ONG (al 16/8/17 Medici senza frontiere, Save the Children e Sea Eye) hanno deciso di interrompere le loro missioni di soccorso in mare.
  • Il generale Haftar reclama 20 miliardi di euro per «mettere in sicurezza» la frontiera sud della Libia: intanto la guardia costiera ha già intercettato in mare circa 1000 migranti, ora rinchiusi nell’inferno di luoghi di detenzione libici.
  • L’OHCHR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani) ad oggi è l’unica istituzione internazionale ad aver reagito (benché relativamente tardi, il 15 agosto) : Agnès Callamard, relatore speciale sulle esecuzioni extra-giudiziarie, sommarie o arbitrarie, ha avvertito che il codice italo-europeo di ricerca e soccorso potrebbe accrescere il numero dei morti nel Mediterraneo.
    Nel frattempo, il governo italiano apprezza questi sviluppi, l’ACNUR tace, mentre l’UE e i suoi membri si godono in silenzio questo ulteriore rafforzamento dell’esternalizzazione, obiettivo che perseguono da tempo.

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Comunicato Migreurop, 13 agosto 2017

Il governo italiano, sostenuto dall’insieme degli Stati dell’Unione europea (UE), ha compiuto un ulteriore passo avanti nella guerra ai migranti, attaccando le ONG che tentano di salvarli nel Mediterraneo.

Dopo che nella primavera del 2015, sotto la pressione delle principali capitali dell’UE, preoccupate dal «rischio migratorio», il governo italiano ha messo fine all’operazione di soccorso in mare Mare Nostrum, quest’ultima era stata progressivamente ripristinata dalle ONG.

Attualmente, molti dei salvataggi in mare sono effettuati da organizzazioni umanitarie, mentre gli Stati europei, in particolare attraverso l’agenzia Frontex, concentrano i propri sforzi, e i finanziamenti pubblici, sulla sorveglianza delle frontiere e la lotta contro i «passeurs»: il risultato di questa politica deliberata di dissuasione è che il numero di migranti che hanno trovato la morte nel corso della traversata del Mediterraneo, già drammaticamente elevato nel 2015 (3.700), non cessa di aumentare (5000 nel 2016, e senza dubbio ancora più elevato nel 2017 [1]).

Davanti alla mancanza di solidarietà dei suoi partner europei – le operazioni di « rilocalizzazione », che avrebbero dovuto alleggerire, per l’Italia come per la Grecia, l’impegno nella presa in carico dei richiedenti asilo arrivati sul loro territorio, sono la storia di un fallimento annunciato – il governo italiano ha deciso di assumere la leadership della politica di lasciar-morire messa in atto da alcuni anni. Mentre l’ecatombe nel Mediterraneo prosegue, il nuovo strumento di questa politica è la criminalizzazione della solidarietà con i migranti, praticata da numerosi paesi tra cui la Francia [2].

Le ONG che operano in mare sono state prima ostacolate nella loro azione dall’obbligo di sottoscrivere un «codice di buona condotta» [3] che impone loro di accettare a bordo la presenza di ufficiali di polizia armati, contrariamente al principio di neutralità dell’azione umanitaria.

Le organizzazioni refrattarie rischiano di non poter proseguire le loro missioni e sono nel mirino della giustizia italiana. Una di esse ha visto la propria imbarcazione sequestrata dal procuratore di Trapani, mentre le procedure e le condanne giudiziarie si moltiplicano contro i «delinquenti della solidarietà»: così padre Zerai, ispiratore dell’AlarmPhone che segnala le imbarcazioni in difficoltà, è oggetto di un’inchiesta per « favoreggiamento all’immigrazione clandestina ». L’obiettivo è chiaro : mettendo in discussione le ONG, accusate di complicità con delle reti di « passeurs », si tratta di fare il vuoto, di neutralizzare un’azione considerata come fattore di attrazione per la migrazione, e di far tacere i testimoni del processo di esternalizzazione in Libia. L’UE e in particolar modo il governo italiano - che moltiplica le collaborazioni con la guardia costiera libica, implicata nel traffico di esseri umani e responsabile di molteplici violenze inflitte ai migranti - sperano in questo modo di bloccare una delle ultime grandi rotte migratorie che permettono di raggiungere l’Europa per chiedere asilo.

L’accordo UE-Turchia della primavera del 2016, che ha arrestato una gran parte dei migranti che provavano a percorrere la rotta detta del Mediterraneo orientale, è considerato un modello che l’UE vuole riprodurre con la Libia, paese dove è noto che i migranti subiscono violenze e sevizie [4] prima di intraprendere una traversata particolarmente pericolosa. Oggi il governo italiano e quello francese stanno negoziando con le fazioni che si contendono la Libia e i profughi sono moneta di scambio in queste contrattazioni: tra i gruppi armati e i leader attualmente in competizione coloro che riusciranno a limitare le partenze otterranno i maggiori sostegni politici e finanziari. Si tratta di ristabilire in questo modo le regole del gioco diplomatico in vigore prima della caduta di Gheddafi : una Libia che collabora alle politiche di controllo migratorio dell’UE può essere considerata come un partner politico ed economico, anche a costo di sacrificare i diritti umani e i principi democratici.
Mentre i difensori dei diritti umani, così come le organizzazioni internazionali come l’ACNUR [5], moltiplicano gli avvertimenti in merito ai pericoli mortali che corrono gli stranieri in Libia, i profughi - oggi vittime delle milizie e di altri gruppi criminali - sono condannati a essere rimessi nelle mani dei loro carcerieri.

Al seguito di altri leader europei, il presidente francese ha rilanciato i progetti europei ventilati a partire dall’inizio degli anni 2000, proponendo la creazione di campi profughi in Libia, che rappresenterebbero la soluzione che permetterebbe all’Europa di sottrarsi ai suoi obblighi internazionali in materia di protezione dei richiedenti asilo e di altri esiliati.

La linea politica è chiara e nota : è quella del subappalto del controllo delle frontiere e dell’aumento del livello di coercizione nei confronti dei rifugiati. In questo contesto, le ONG di soccorso in mare sono diventate il nemico principale contro cui gli Stati dispiegano ogni mezzo.

Insieme ai militanti solidali nei confronti delle persone che cercano di far valere il loro diritto a migrare, esse rappresentano in effetti l’ultimo baluardo che impedisce all’Europa di ridurre la sua politica migratoria ad un lasciar-morire nel Mediterraneo diventato un cimitero.

Per questo, la rete Migreurop si schiera con tutti coloro che sono accusati di crimine di solidarietà.

13 agosto 2017

Contatti

Emmanuel Blanchard blanchard@migreurop.org

Sara Prestianni prestianni@arci.it