Centinaia di ONG e individui chiedono la revoca della zona SAR della Libia

LETTERA APERTA

Lettera aperta: richiesta all’International Maritime Organization (IMO) per la revoca della zona SAR libica

Egregio Segretario Generale Kitack Lim,

Dopo la firma da parte della Libia e Malta di un Memorandum of Understanding (MoU) il 28 maggio del 2020 per fornire una base legale bilaterale a delle pratiche illegali, è urgente che l’IMO, quale autorità marittima mondiale, rimuova la zona SAR libica dai registri internazionali. Anche l’Italia ha rinnovato il suo MoU con la Libia a febbraio del 2020, dopo aver riconosciuto che pone dei problemi dal punto di vista dei diritti umani. Questa lettera sostiene un esposto recapitato all’IMO da alcune associazioni italiane il 31 di marzo 2020 che, ad oggi, attendono una risposta [1]

L’esposto solleva delle questioni note e rilevanti sulla irregolarità soggiacente alla dichiarazione libica della propria zona SAR a dicembre del 2017. Sottolinea gli effetti che tale dichiarazione ha avuto per delle pratiche contrarie all’etica da parte degli stati nel Mare Mediterraneo. Queste pratiche sono violazioni dei diritti umani, se non crimini di stato, che minano il diritto del mare come meccanismo di assicurazione universale per chi si trova in mare e per tutti i marinai, oltre a permettere dei respingimenti verso la Libia che il diritto internazionale considera illegali. Le politiche contro la cosiddetta immigrazione irregolare vengono usate per minare gli strumenti e le convenzioni del diritto internazionale, per perseguire gli obiettivi strategici di queste politiche (nessuno deve entrare irregolarmente nell’UE). Tale proposito comporta l’uso di misure pseudo-legali come i MoU per minare i quadri normativi sanciti in ambiti prevalenti da un punto di vista gerarchico, come le costituzioni nazionali, il diritto internazionale e le convenzioni per i diritti umani.

Concretamente, a parte le questioni sollevate dall’esposto di marzo, questa richiesta di revocare la zona SAR libica dai registri internazionali si basa sugli elementi che seguono:

1) La Libia non è sicura e non dispone di porti sicuri per lo sbarco dei migranti, vista la guerra civile che è in corso e gli abusi e le violenze documentate che soffrono i migranti detenuti nei centri libici. Ciò dovrebbe escludere la possibilità che gli venga assegnata una zona SAR.

2) È noto che la Guardia Costiera Libica è inadeguata per i compiti che le sono affidati, in termini sia materiali che etici. Spesso, il MRCC libico non risponde o non reagisce alle richieste di soccorso; viene coordinato da degli organi italiani, maltesi (come è emerso recentemente) e dell’UE; i suoi membri includono persone identificate come trafficanti, o che hanno legami con essi; e sono emerse notizie riguardanti il maltrattamento dei migranti, sia durante le operazioni SAR che dopo il loro sbarco in Libia.

3) Anche quando la Guardia Costiera Libica effettua delle operazioni di soccorso con successo, in realtà catturano le persone fuggite dai centri di detenzione e maltrattamento, e le persone soccorse sono trasferite nei luoghi dove hanno vissuto delle torture e trattamenti degradanti. I tribunali nazionali e internazionali hanno ripetutamente certificato tale esito e la CPI sta svolgendo una inchiesta per crimini contro l’umanità riguardante il trattamento dei migranti in Libia. Visto che fa parte del sistema delle Nazioni Unite, l’IMO può consultare le dichiarazioni dell’ACNUR, dei relatori speciali dell’ONU sui diritti umani e sui diritti dei migranti, dell’IOM e della Commissaria per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa su queste questioni. Tali autorità sostengono regolarmente che non si possono fare sbarcare i migranti in Libia.

4) La procedura dichiarativa dell’IMO permette agli stati di assegnarsi una zona SAR in assenza di obiezioni da parte di altri stati. Tale sistema viene usato opportunisticamente per creare una narrazione fittizia che permette a vari stati, e all’UE, di disfarsi dei loro doveri imposti dal diritto del mare e dal diritto internazionale in materia di diritti umani e di rifugiati. In tal modo, minano dei principi fondamentali come il diritto alla vita e il dovere degli stati di assistere i soccorsi (invece di ritardarli e ostacolarli usando ogni pretesto disponibile), mettendo a repentaglio la sicurezza marittima. I capitani delle imbarcazioni rischiano delle conseguenze negative se agiscono nel rispetto del diritto del mare. Corrono anche il rischio che i MRCC gli ordinino di consegnare le persone in luoghi dove verranno abusate. In tali casi, tecnicamente, devono disobbedire. In pratica, se disobbediscono, affronteranno delle conseguenze dannose.

5) La zona SAR libica viene usata per giustificare la criminalizzazione delle ONG che svolgono delle funzioni SAR che l’UE ha abbandonato, premendo sugli stati che le svolgevano ad abbandonarle, dovuto a delle impostazioni di politica migratoria. Al di là delle questioni legali ed etiche riguardanti la regolarità della zona SAR in questione, il suo uso per imporre una lettura erronea del diritto del mare in modo sistematico al servizio degli stati membri dell’UE e delle loro politiche, produce una catena di irregolarità che dovrebbe preoccupare l’IMO. Concretamente, le zone SAR non dovrebbero essere esclusive, ma l’Italia e Malta usano l’autorità della Libia come pretesto per l’omissione o il ritardo dei soccorsi agli scafi che sono in pericolo al di fuori delle loro acque territoriali, con esiti talvolta mortali. Spesso, le autorità delle guardie costiere, dall’Italia a Malta (e la Grecia nel Mare Egeo), evitano di intervenire o, particolarmente a Malta e in Grecia durante le ultime settimane, spaventano le persone e/o sabotano gli scafi che trasportano migranti, persino attuando dei respingimenti dalle loro acque territoriali verso la Libia e la Turchia. I protagonisti di questi attraversamenti irregolari possono spesso essere rifugiati, ma non devono avere occasione di accedere a tali procedure, dal punto di vista istituzionale dell’UE e dei suoi stati. La nazionalità dei soccorritori dovrebbe essere irrilevante ai fini del dovere di assicurare la conclusione celere delle operazioni di soccorso. Invece, la nazionalità viene usata come pretesto per tenere a lungo in mare le persone soccorse e gli equipaggi dei soccorritori, sia per punirli che per fargli sprecare i fondi raccolti dalla società civile per opporsi al consapevole disimpegno degli stati dalle attività SAR. Gli scafi vengono confiscati in base a delle motivazioni pretestuose perché potrebbero salvare delle persone che rischiano di affogare, e vengono affittati degli scafi privati per effettuare dei refoulement su procura. Pare che la crisi del Covid 19 abbia alimentato la fiducia degli stati, che ormai usano delle navi come luoghi per effettuare la quarantena in mare. Gli stati non dovrebbero operare in modo strumentale per rendere più mortiferi gli attraversamenti via mare per compiere gli obiettivi strategici delle loro politiche migratorie.

Per i motivi esposti, e perché crediamo che l’IMO non apprezzi il fatto che gli stati usino le sue procedure in modo strumentale per minare il diritto del mare, la sicurezza marittima, i diritti umani e il diritto internazionale, i firmatari chiedono che venga revocato il riconoscimento formale della zona SAR libica. Sarebbe un passaggio importante per il compimento della funzione dell’IMO di assicurare il rispetto delle convenzioni SOLAS, SAR e UNCLOS, perché l’UE e i suoi stati sembrano operare consapevolmente e con insistenza per smantellare il diritto del mare per raggiungere gli scopi della loro politica migratoria. Nel Mediterraneo centrale, pare evidente che la zona SAR libica viene usata strumentalmente per questo fine. Siamo consapevoli che l’IMO non desidera essere trascinata in dispute di tipo politico, ma riteniamo che questa questione ricade pienamente nell’ambito delle sue funzioni di salvaguardia del diritto del mare a livello mondiale. In questo momento, il diritto del mare è messo a repentaglio dalle politiche contro la mobilità umana.

Cordiali saluti,

 Vedi l’elenco dei firmatari (al 30 giugno) nel PDF allegato

 Vedi il comunicato stampa di Statewatch, membro di Migreurop nel Regno Unito : https://www.statewatch.org/news/2020/june/press-release-hundreds-of-ngos-and-individuals-call-for-the-revocation-of-libya-s-maritime-search-and-rescue-zone/