Decine di migranti alla deriva muoiono per la passività di una nave della NATO

Le autorità italiane si lamentano con l’Alleanza Atlantica in quanto essa non vuole impegnarsi a rimpatriare i profughi verso la Libia.

Una pattuglia della guardia costiera italiana ha soccorso circa 400 persone a bordo di una imbarcazione. Questa, partita 6 giorni prima dalle coste della Libia, si era persa dopo poco più di 36 ore di navigazione, a 90 miglia a largo di Lampedusa. I racconti delle persone a bordo sono tragici: decine di migranti sarebbero morti di fame, di sete e di fatica durante la traversata. I corpi sarebbero stati gettati in mare.

Secondo diverse fonti stampa, una nave della Nato si sarebbe trovata a 27 miglia dalla barca in difficoltà, mentre l’unità della Guardia Costiera italiana, che è effettivamente intervenuta, ha percorso 90 miglia per fornire assistenza ai migranti.
L’Italia informa che desidera aprire un’indagine per chiarire perché i migranti non siano stati soccorsi dalla NATO. Questa indagine avrebbe un significato particolare in quanto, secondo le recenti regole proposte del governo italiano, i migranti dovrebbero essere soccorsi e rimpatriati verso il porto di partenza. Pochi giorni fa, infatti, il Senato italiano ha approvato una mozione della Lega Nord che chiede che le navi dell’Alleanza Atlantica si prendano carico dei migranti in partenza dalla Libia. Il 2 agosto il Senato italiano ha approvato un ordine del giorno che impegna il Governo italiano a chiedere alle navi della NATO di bloccare e respingere i migranti intercettati nel Canale di Sicilia. Ieri il presidente del gruppo della Lega Nord al Senato, Federico Bricolo ha confermato questa posizione dichiarando alla stampa quanto sia urgente che la NATO blocchi i migranti in partenza dalla Libia e li riconduca indietro, fino alla costa, per evitare un gran numero di morti ai confini dell’Europa.

Le autorità italiane hanno ignorato i principi stabiliti dal diritto marittimo. Se una persona si trova in una situazione di pericolo o di difficoltà in mare, deve essere assolutamente soccorsa e poi sbarcata in un luogo sicuro. Rimpatriare dei richiedenti asilo e dei rifugiati in zone dove la loro vita potrebbe essere minacciata è chiaramente proibito. La necessità di protezione dei migranti ed il principio di non-refoulement sarebbero dovuti essere le linee guida dell’intervento NATO e dell’Italia. Purtroppo constatiamo che, al contrario, la NON assistenza a persone in pericolo sembra diventare la regola nel Canale di Sicilia dove, ufficialmente si lamenta la scomparsa di più di 2000 persone dall’inizio dell’anno 2011.

Questo nuovo esempio dimostra che ancora una volta, se ce ne fosse il bisogno, il dovere di assistenza in mare non viene rispettato, a meno che questo non serva a riaccompagnare i rifugiati nel paese da cui fuggono. L’11 luglio, una nave spagnola della Nato soccorse più di cento persone, che successivamente ricondusse in Tunisia, a causa del rifiuto degli stati europei di accettare nuovi immigrati sul proprio suolo.